lunedì 23 febbraio 2009

Ok, ma non è giusto.



Dopo aver parlato con Paoletta è comunque questa la mia conclusione.

...
I've telegraphed and phoned. I sent an air mail special too.
Your answer was goodbye and there was even postage due.
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Il sommo Nevio Zaninotto quando cercava di insegnarmi lo swing con questa canzone mi diceva di pensare a Chet Baker e a quello che gli succede fra gli accenti sul due e sul quattro.
Nove anni dopo lo capisco.
Credo.

martedì 10 febbraio 2009

Tutte le strade portano a Roma

NON POTEVA ESSERCI SCEMPIO PIU' ATROCE
di Eugenio Scalfari

Il caso Englaro appassiona molto la gente poiché pone a ciascuno di noi i problemi della vita e della morte in un modo nuovo, connesso all'evolversi delle tecnologie. Interpella la libertà di scelta di ogni persona e i modi di renderla esplicita ed esecutiva. Coinvolge i comportamenti privati e le strutture pubbliche in una società sempre più multiculturale. Quindi impone una normativa per quanto riguarda il futuro che garantisca la certezza di quella scelta e ne rispetti l'attuazione.

Ma il caso Englaro è stato derubricato l'altro ieri da simbolo di umana sofferenza e affettuosa pietà ad occasione politica utilizzabile e utilizzata da Silvio Berlusconi e dal governo da lui presieduto per raggiungere altri obiettivi che nulla hanno a che vedere con la pietà e con la sofferenza. Non ci poteva essere operazione più spregiudicata e più lucidamente perseguita.

Condotta in pubblico davanti alle televisioni in una conferenza stampa del premier circondato dai suoi ministri sotto gli occhi di milioni di spettatori.
Non stiamo ricostruendo una verità nascosta, un retroscena nebuloso, una opinabile interpretazione. Il capo del governo è stato chiarissimo e le sue parole non lasciano adito a dubbi. Ha detto che "al di là dell'obbligo morale di salvare una vita" egli sente "il dovere di governare con la stessa incisività e rapidità che è assicurata ai governanti degli altri paesi".

Gli strumenti necessari per realizzare quest'obiettivo indispensabile sono "la decretazione d'urgenza e il voto di fiducia"; ma poiché l'attuale Costituzione semina di ostacoli l'uso sistematico di tali strumenti, lui "chiederà al popolo di cambiare la Costituzione".

La crisi economica rende ancor più indispensabile questo cambiamento che dovrà avvenire quanto prima.
Non ci poteva essere una spiegazione più chiara di questa. Del resto non è la prima volta che Berlusconi manifesta la sua concezione della politica e indica le prossime tappe del suo personale percorso; finora si trattava però di ipotesi vagheggiate ma consegnate ad un futuro senza precise scadenze. Il caso Englaro gli ha offerto l'occasione che cercava.

Un'occasione perfetta per una politica che poggia sul populismo, sul carisma, sull'appello alle pulsioni elementari e all'emotività plebiscitaria.

Qui c'è la difesa di una vita, la commozione, il pianto delle suore, l'anatema dei vescovi e dei cardinali, i disabili portati in processione, le grida delle madri. Da una parte. E dall'altra i "volontari della morte", i medici disumani che staccano il sondino, gli atei che applaudono, i giudici che si trincerano dietro gli articoli del codice e il presidente della Repubblica che rifiuta la propria firma per difendere quel pezzo di carta che si chiama Costituzione.

Quale migliore occasione di questa per dare la spallata all'odiato Stato di diritto e alla divisione dei poteri così inutilmente ingombrante? Non ha esitato davanti a nulla e non ha lesinato le parole il primo attore di questa messa in scena. Ha detto che Eluana era ancora talmente vitale che avrebbe potuto financo partorire se fosse stata inseminata. Ha detto che la famiglia potrebbe restituirla alle suore di Lecco se non vuole sottoporsi alle spese necessarie per tenerla in vita.

Ha detto che i suoi sentimenti di padre venivano prima degli articoli della Costituzione. E infine la frase più oscena: se Napolitano avesse rifiutato la firma al decreto Eluana sarebbe morta.

Eluana scelta dunque come grimaldello per scardinare le garanzie democratiche e radunare in una sola mano il potere esecutivo e quello legislativo mentre con l'altra si mette la museruola alla magistratura inquirente e a quella giudicante.

Questo è lo spettacolo andato in scena venerdì. Uno spettacolo che è soltanto il principio e che ci riporta ad antichi fantasmi che speravamo di non incontrare mai più sulla nostra strada.

Ci sono altri due obiettivi che l'uso spregiudicato del caso Englaro ha consentito a Berlusconi di realizzare.
Il primo consiste nella saldatura politica con la gerarchia vaticana; il secondo è d'aver relegato in secondo piano, almeno per qualche giorno, la crisi economica che si aggrava ogni giorno di più e alla quale il governo non è in grado di opporre alcuna valida strategia di contrasto.

Dopo tanto parlare di provvedimenti efficaci, il governo ha mobilitato 2 miliardi da aggiungere ai 5 di qualche settimana fa. In tutto mezzo punto di Pil, una cifra ridicola di fronte ad una recessione che sta falciando le imprese, l'occupazione, il reddito, mentre aumentano la pressione fiscale, il deficit e il debito pubblico. Di fronte ad un'economia sempre più ansimante, oscurare mediaticamente per qualche giorno l'attenzione del pubblico depistandola verso quanto accade dietro il portone della clinica "La Quiete" dà un po' di respiro ad un governo che naviga a vista.

Quando crisi ingovernabili si verificano, i governi cercano di scaricare le tensioni sociali su nemici immaginari. In questo caso ce ne sono due: la Costituzione da abbattere, gli immigrati da colpire "con cattiveria".

Il Vaticano si oppone a quella "cattiveria" ma ciò che realmente gli sta a cuore è mantenere ed estendere il suo controllo sui temi della vita e della morte riaffermando la superiorità della legge naturale e divina sulle leggi dello Stato con tutto ciò che ne consegue. Le parole della gerarchia, che non ha lesinato i complimenti al governo ed ha platealmente manifestato delusione e disapprovazione nei confronti del capo dello Stato ricordano più i rapporti di protettorato che quelli tra due entità sovrane e indipendenti nelle proprie sfere di competenza. Anche su questo terreno è in atto una controriforma che ci porterà lontani dall'Occidente multiculturale e democratico.

Nel suo articolo di ieri, che condivido fin nelle virgole, Ezio Mauro ravvisa tonalità bonapartiste nella visione politica del berlusconismo. Ha ragione, quelle somiglianze ci sono per quanto riguarda la pulsione dittatoriale, con le debite differenze tra i personaggi e il loro spessore storico.

Ci sono altre somiglianze più nostrane che saltano agli occhi. Mi viene in mente il discorso alla Camera di Benito Mussolini del 3 gennaio 1925, cui seguirono a breve distanza lo scioglimento dei partiti, l'instaurazione del partito unico, la sua identificazione con il governo e con lo Stato, il controllo diretto sulla stampa. Quel discorso segnò la fine della democrazia parlamentare, già molto deperita, la fine del liberalismo, la fine dello Stato di diritto e della separazione dei poteri costituzionali.

Nei primi due anni dopo la marcia su Roma, Mussolini aveva conservato una democrazia allo stato larvale. Nel novembre del '22, nel suo primo discorso da presidente del Consiglio, aveva esordito con la frase entrata poi nella storia parlamentare: "Avrei potuto fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli".

Passarono due anni e non ci fu neppure bisogno del bivacco di manipoli: la Camera fu abolita e ritornò vent'anni dopo sulle rovine del fascismo e della guerra.
In quel passaggio del 3 gennaio '25 dalla democrazia agonizzante alla dittatura mussoliniana, gli intellettuali ebbero una funzione importante.
Alcuni (pochi) resistettero con intransigenza; altri (molti) si misero a disposizione.

Dapprima si attestarono su un attendismo apparentemente neutrale, ma nel breve volgere di qualche mese si intrupparono senza riserve.
Vedo preoccupanti analogie. E vedo titubanze e cautele a riconoscere le cose per quello che sono nella realtà. A me pare che sperare nel "rinsavimento" sia ormai un vano esercizio ed una svanita illusione. Sui problemi della sicurezza e della giustizia la divaricazione tra la maggioranza e le opposizioni è ormai incolmabile. Sulla riforma della Costituzione il territorio è stato bruciato l'altro ieri.

E tutto è sciaguratamente avvenuto sul "corpo ideologico" di Eluana Englaro. Non ci poteva essere uno scempio più atroce.

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IL DIVERSO VALORE DI UN'ELUANA VIVA E DI UN'ELUANA MORTA
di Giulio Mozzi

Non ne ho le prove, ma immagino che al nostro governo non importi nulla della vita di Eluana Englaro. Il decreto tentato venerdì poteva essere tentato anche la settimana scorsa, o in un qualunque momento successivo all’ultima sentenza che ha dichiarato non contrario alla legge quanto ciò Beppino Englaro dichiarava di voler fare. Idem per la legge. Si potrebbe azzardare, addirittura, che il governo abbia deciso di agire in questo momento perché solo agendo in questo momento avrebbe avuta la certezza di fallire.

Un’Eluana viva, infatti, è di scarso valore. Non è - per dire - come un’operatrice umanitaria salvata dalle mani dei rapitori. Non può scendere dalla scaletta di un aeroplano e abbracciare il padre e il presidente del consiglio dei ministri. Non può fare, raggiante di felicità, una conferenza stampa. Non può apparire in televisione tra un padre anch’egli raggiante di felicità e un presidente del consiglio dei ministri fiero del suo operato. Ahimè: no. Un’Eluana viva non può che starsene lì, nel suo letto. E c’è sempre il problema di questo padre, che anche lui sta sempre lì, come una spina nel fianco.

Un’Eluana morta, invece, può avere grande valore. Si può dire: abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare. Si può dire: vedete quanto sono cattivi i nostri avversari, che contro la legge e contro tutti hanno ammazzato questa ragazza? Si può dire: il padre è un assassino. Si può dire: d’ora in poi non succederà mai più. Certo: per poter dire questo, è necessario dare l’impressione che sia vero. E’ vero che questo governo ha fatto tutto quello che poteva fare per impedire la morte di Eluana? No: il decreto e/o la legge potevano essere tentati ancora settimane fa (o almeno il giorno prima, tanto da non dover far passare sabato e domenica prima di convocare il Parlamento…). Ma è questo il punto: proprio l’agire all’ultimo momento, proprio la drammatizzazione estrema che si produce agendo all’ultimo momento (fatevi il film, immaginate un montaggio alternato: mentre Eluana lentamente muore, a Roma tutti si battono alacremente per tentar di impedirne la morte; le immagini della stanza di Eluana, immersa nella penombra - una discreta musica d’organo in sottofondo, lei immobile nel letto -, si alternano a quelle del concitato e rumoroso agire di governanti, parlamentari e prelati…) può dare l’impressione che davvero il governo abbia fatto tutto quello che poteva fare. Ed è importante definire bene quali sono i cattivi (il padre assassino, il presidente della Repubblica che ha una “cultura della morte”, la Costituzione scritta dai comunisti…) e quali sono i buoni (il governo, la chiesa cattolica…).

E un’Eluana morta renderà molto di più di un’Eluana viva. Avrà un funerale, ad esempio. Immagino che Beppino Englaro tenterà di fare un funerale in forma privata. Ma i funerali, si sa, sono molto televisivi. Immaginate uno stuolo di autorità, di prelati, di persone comuni, che si presenti al funerale di Eluana. Immaginate - osate questa immaginazione! - un presidente del consiglio dei ministri che concede a Eluana i funerali di Stato. Immaginate una folla enorme. Immaginate un grido che percorre la folla: Mai più! Mai più! Immaginate un uomo che per farsi vedere e sentire si arrampica sul predellino di un’automobile, e grida: Se volete che non accada più, datemi il potere! Datemi tutto il potere!

Un’Eluana morta, dunque, sarà utile strumento per tentare un cambiamento della Costituzione in senso autoritario: perché al presidente del consiglio dei ministri interessa conquistare il potere di governare per decreti legge, con un Parlamento bue che li approva senza nemmeno discuterli. Tutto qui.

Bene ha detto, in questi giorni, il presidente del consiglio dei ministri: “Non voglio la responsabilità di questa morte”; che è cosa diversa dal dire: “Non voglio questa morte”. Io non ho prove, ma immagino che questa morte egli la voglia: purché la responsabilità sia di un altro. E Beppino Englaro che - mi pare - non ha mai cercato di togliersi di dosso responsabilità, è perfetto per essere questo altro.

domenica 1 febbraio 2009

Roba mia

Per Paola che la voleva pulita...