martedì 10 giugno 2008

Versus

Jean-Claude Izzo vs Massimo Carlotto
O meglio: Fabio Montale vs Giorgio Pellegrini.
La parola ai protagonisti dei libri.

Fabio: "Mi sentivo oppresso. E solo. Più che mai. Ogni anno, cancellavo dalla mia agenda gli amici che facevano discorsi razzisti. Trascuravo coloro che sognavano solo macchine nuove e vacanze al Club Med. Dimenticavo tutti quelli che giocavano al lotto. Amavo la pesca e il silenzio. Camminare sulle colline. Bere del Cassis freddo. Del Lagavulin, o dell'Oban, tardi nella notte. Parlavo poco. Avevo le mie idee su tutto. La vita, la morte. Il Bene, il Male. Andavo matto per il cinema. Ero appassionato di musica. Non leggevo più romanzi contemporanei. E più di tutto, mi facevano schifo i pavidi, i mollaccioni."
Giorgio: "Esattamente come il barese, che sfoggiava oro al collo e ai polsi, e sui mignoli unghie lunghe quattro centimetri. Un malavitoso di rispetto. Ma non era quello il mio modello. Il Veneto invece mi piaceva. Era un luogo di frontiera e tutti avevano la possibilità di costruirsi un futuro da vincenti. Bastava un po' di inventiva, voglia di fare e zero paura di metterlo in culo al prossimo. Primo della lista lo Stato e le sue tasse del cazzo."

Fabio: "Andai fino al lavandino. Avevo bisogno di guardarmi la faccia. Accesi la lampadina. Ciò che vidi non mi piacque. Il mio viso era intatto. Ma dietro di me... Il viso di Marie-Lou. Aveva l'occhio sinistro gonfio, quasi blu. Mi girai lentamente, tenendomi al lavandino. "Cos'è questa roba?". "Il mio magnaccia". La tirai verso di me. Aveva due lividi sulla spalla, un segno rosso sul collo. Si strinse a me, mettendosi a piangere silenziosamente. Il suo corpo era caldo. Mi fece un gran bene. Le accarezzai i capelli. "Siamo tutti e due in uno stato pietoso. Ora mi racconti."
Giorgio: "E tra le varie smancerie diventò la "nostra" canzone. La usavo come segnale quando avevo voglia di portarmela a letto. Che non accadeva spesso. Di una donna che non aveva intenzione di succhiarmelo e di farselo sbattere nel culo non sapevo davvero cosa farmene. Però aveva tante altre qualità, e visto che volevo sposarmela non ne facevo una malattia. Era dolce, premurosa, e non rompeva le palle. E in casa si dava da fare. Amavo la sua compagnia. Riempiva i buchi della mia vita. La notte. Il tempo libero. In coppia era più divertente. Capii finalmente perchè la gente si sposava e non persi tempo a parlarle di matrimonio."

Fabio: "Guardai i suoi figli. I lineamenti erano mosci. Nei loro occhi, sfuggenti, nessun lampo di rivolta. Amari dalla nascita. Avrebbero nutrito odio solo verso i più poveri. E per chi avrebbe tolto loro il pane. Arabi, neri, ebrei, gialli. Mai per i ricchi. Si capiva già come sarebbero diventati. Poca cosa. Nel migliore dei casi, autisti di taxi, come il padre. E la ragazza, shampista. O commessa al Prisunic. Dei francesi medi. Cittadini della paura."
Giorgio: "[...] "Ho intenzione di mettermi in politica, e La Nena potrebbe diventare il mio club". "Politica? Che tipo di politica?". "Moderata e destinata a governare" rispose ammiccando. "Rappresento un gruppo di commercianti e professionisti che per troppo tempo è stato costretto a stare ai margini della vita politica di questa città. Ma adesso il vento è cambiato e abbiamo intenzione di contare sempre di più. Qui e a Roma. Avrà possibilità di far conoscenze che le torneranno utili per inserirsi completamente nel tessuto cittadino. Cosa ne pensa?". "A parole sembra un piano perfetto".

Estratti da "Casino totale" di Jean-Claude Izzo e "Arrivederci amore, ciao" di Massimo Carlotto. Entrambi pubblicati da e/o.

Chi vince?

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